Grease: la banalità dell'antisessimo
di Roberto Pegorini
E adesso scopriamo che Grease è un film sessista e omofobo. Oddio, e ora come faccio? Io che da sempre odio ogni forma di prevaricazione legata al genere, all’orientamento sessuale, alla religione, al ceto sociale e quant’altro. Senza contare che ho amici gay per cui sono pronto a battagliare in ogni istante per difendere i loro sacrosanti diritti.
Devo bruciare il 33 giri (e già, non c’era ancora il CD quando lo acquistai) della colonna sonora e fiondarmi sul telecomando per cambiare ogni qual volta mi capiterà di finire su un canale che lo trasmettono?
Ma anche no. Anzi, decisamente no. Perché chi, come me, è cresciuto con il mito di John Travolta e Olivia Newton John, non è che deve fare un passo indietro soltanto per il motivo che 42 anni dopo arriva qualcuno a insegnarcela.
Per noi Grease non è sessista, tantomeno omofobo. Diciamolo ad alta voce e scriviamolo a caratteri cubitali.
Grease è semplicemente una storia d’amore, una favola in musical datata 1978 che ci ha fatto cantare, ballare e sognare. E nulla più. Sessista perché la nostra Sandy (nostra, perché è di tutti noi maschietti che ci siamo se non innamorati, almeno invaghiti di lei) alla fine cambia look e da ragazzina acqua e sapone si trasforma in vamp aggressiva? Ma per piacere. Guardate che alla fine è il nostro Danny Zuko (nostro, perché le ragazze… ok, non mi ripeto, ma è chiaro il concetto) a inginocchiarsi ai suoi piedi.
Vince lei, senza se e senza ma.
Senza scordare un passaggio fondamentale del film che, ricordiamolo, è stato girato quasi mezzo secolo fa, quando il pensiero della gente era decisamente più bacchettone di oggi (a pensarci bene, mi sa che i bacchettoni ci saranno in ogni epoca).
Ebbene, sfidando il perbenismo, esiste un’altra storia nel film che viene messa in risalto. Per nulla da sottovalutare.
Quella di Betty Rizzo, ragazza fuori dalle regole che pensa a vivere la sua gioventù fregandosene del giudizio altrui. E quando, come dicono proprio nel film, “Rizzo has got a bun in the oven” che letteralmente si traduce “Rizzo ha una pagnotta nel forno”, cioè è rimasta incinta, ecco che Kenickie, il duro della compagnia, non la abbandona e si prende le sue responsabilità non perché obbligato, bensì perché convinto.
Alla faccia di tutto quel machismo di cui viene accusato il film.
Insomma, a noi che abbiamo qualche capello bianco (ma non solo noi) lasciateci sorridere ed emozionare in santa pace, quando dalla televisione spuntano Danny, Sandy e quell’allegra brigata impomatata di brillantina. Perché alle feste delle medie e del liceo, con la tapparella abbassata e un lento in sottofondo, tutti noi abbiamo sognato di essere almeno per una volta protagonisti di un film come Grease.
E già che ci siamo, per piacere, ora non tirate fuori che anche Fonzie in Happy Days era sessista. Perché si rischia di prendere una battaglia seria e trasformarla in caciara.
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