Anna Frank tra le stanze della memoria
di Isa Grassano
«La cosa bella per me è poter scrivere i miei pensieri ed i miei sentimenti, altrimenti soffocherei completamente». Scriveva così Anna Frank (il nome originale era Annelies Marie Frank, ma veniva chiamata Anne) nel suo diario segreto sotto forma di lettere a un’amica immaginaria, Kitty. Era il 25 giugno 1947 e quel quaderno con la copertina a quadri rossi, ricevuto in dono per il suo tredicesimo compleanno e poche settimane prima di entrare in clandestinità, veniva dato alle stampe da Otto Frank, padre di Anna e unico sopravvissuto alla guerra. Si intitolava Het Achterhuis (“L’Alloggio segreto”) e vi erano riportate le sensazioni e le emozioni da ragazzina e le paure di una vita da prigioniera.
La prima cosa che si legge è: «spero di poterti confidare tutto, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che mi sarai di grande sostegno». E la tredicenne aggiunge i motivi che l’avevano spinta a tenere un diario:
«con tutte le mie conoscenti posso soltanto divertirmi; si fanno solo discorsi banali e non si parla mai di argomenti più intimi, qui casca l’asino. Forse sono io che non mi fido, comunque il problema esiste ed è un peccato non poterlo eliminare».
Quando i Frank sono costretti a nascondersi, il diario è la prima cosa che Anna mette in valigia, insieme al suo grande sogno di diventare una giornalista e una scrittrice famosa. Anna concepisce l’idea di trasformare il suo diario in un romanzo, a seguito dell’appello del ministro dell’Istruzione olandese - diffuso tramite l’emittente radiofonica inglese - in cui si chiedeva di conservare i diari del periodo di guerra. Inizia perciò a riscrivere interi brani, ma prima di poter portare a termine questo proposito viene scoperta insieme agli altri clandestini e arrestata.
Oggi, a più di 70 anni dalla scomparsa di Anna (che muore di stenti e malattia nel marzo 1945, a 16 anni, nel campo di concentramento di Bergen-Belsen in Germania), il diario continua a rivelare sorprese.
Sono state ritrovate alcune pagine inedite e ricostruite grazie all’utilizzo di tecnologie raffinatissime.
Era stata proprio lei a volerle nascondere, incollandovi sopra due fogli di carta gommata marrone. Troppo scabroso il contenuto, e forse Anna, come ogni adolescente, non voleva che i genitori le leggessero. Lei appuntava barzellette sporche che lette oggi fanno sorridere, la descrizione di cosa avviene con le mestruazioni, il riferimento a prostitute e case di appuntamenti dove papà è stato a Parigi.
Emoziona ritrovarsi davanti a quella copia del diario che tutti, almeno una volta, abbiamo letto da bambini.
Si trova ad Amsterdam, in quell’appartamento sul retro di Prisengracht 267, in cui si era rifugiata nel 1942, insieme ai suoi genitori e a un’altra famiglia ebraica, i Van Pels, per sfuggire alla persecuzione nazista. La casa è divenuta Museo (www.annefrank.org; ci sono lunghissime file all’ingresso ed è consigliabile prenotare i biglietti on line) e fa bella mostra di sé quel diario stampato inizialmente in una tiratura di 3.000 copie, a cui seguono innumerevoli ristampe, traduzioni, un adattamento teatrale e cinematografico. La versione riscritta del diario comprende 215 fogli sciolti esposti alternativamente in gruppi di venti. Ma si possono ammirare anche altri due quaderni esposti: un album in cui Anna raccoglieva le frasi celebri o che trovava belle, e il quaderno dei racconti brevi di fantasia che lei stessa scriveva. Dal 2009, gli scritti sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità e inseriti nella lista “memorie del mondo” delle raccolte documentali.
Ci si muove in un labirinto fitto di corridoi, scale e stanzette quasi tutte vuote, che portano l’eco di tante sofferenze e parole non dette.
Visibile ancora la carta da parati con le fotografie, una delle priorità dei conservatori dell’Alloggio segreto. Anna infatti amava ravvivare le pareti della sua stanza con immagini, soprattutto di divi del cinema. «Ieri ho appeso di nuovo delle fotografie di star del cinema in camera, questa volta con i triangolini per fissare le foto, così le posso togliere» (18 ottobre 1942). È stata recuperata anche la cartolina degli scimpanzè che bevono il tè, inviata ad Anna dalla madre nel 1937, durante un viaggio di quest’ultima in Inghilterra, dove si era recata a trovare parenti ed amici.
Si legge: «Cara Anne, tu e Margot (la sorella maggiore, ndr) dovreste vedere questo zoo. Le scimmiette hanno già chiesto di te. La nonna scrive che sei stata molto buona! Oggi vedo la cuginetta Hannelis! Papà sta lavorando sodo? Ieri qui ha piovuto molto ma oggi splende il sole. Baci e saluti, Mamma».
Aggirandosi per l’appartamento, si scopre che Anne Frank aveva pure una passione per le case reali. Teneva un calendario con i compleanni dei vari membri delle famiglie nobiliari e dedicava ore ed ore alla stesura dei loro alberi genealogici. E nella sua camera incollò le figure preferite delle principesse Elisabetta e Margaret al muro, davanti allo scrittoio. Non mancano documenti risalenti all’epoca, filmati storici, fotografie e oggetti personali. Ci sono diverse citazioni, in cui emerge la sua voglia di non rinunciare mai ai suoi sogni.
La sua frase più bella? «Nonostante tutto credo ancora nell’intima bontà dell’uomo».
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