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Charlie Brown il perdente che non si arrende mai

di Francesco Spiedo


Santo Cielo - anche oggi è andata male. Ho nove anni e mezzo da quasi mezzo secolo e non è mica semplice. Per ripetere ogni volta la quarta elementare ci vuole coraggio e spirito di abnegazione. Lo stesso necessario per organizzare delle perfette sconfitte a baseball: siamo 929 a 2 per voi, naturalmente.


Non farti prendere dall’ansia Ciccio – mi dicono - non c’è niente di male a non sapere lanciare, né battere, né rincorrere una palla.


Si dimenticano tutti del mio home run, il mio home run vincente – dopo trent’anni di partite la statistica si arrende, un punto lo dovevo pur portare a casa. Vero?

Qui nessuno si approfitta di te – mi dicono - anche se forse è vero che sei troppo buono. Snoopy vuole i suoi biscotti e continua a chiamarmi il bambino con la testa rotonda anche se sono trent’anni che gli porto da mangiare: vitto, alloggio, stiratura e supporto psicologico nelle sue avventure folli e senza senso. Ditemi voi un cane cosa potrebbe desiderare di più. Prendersi cura di un cane è una roba da grandi, sono adulto io, altroché, quindi potrei per favore andare finalmente al liceo? Con chi è che devo parlare di preciso? Ci sono delle pratiche da svolgere? Dov’è che devo firmare?


Poi, diciamocela tutta, non è colpa mia se perdiamo tutte le partite.


Siamo tutti piuttosto scarsi e voi invece sapete addirittura a che gioco stiamo giocando. Non te la prendere, dite. E chi se la prende. Forse non sono portato per i giochi di squadra, magari dovrei dedicarmi a un’attività solitaria, sì, sono un tipo solitario. Mai provato con gli aquiloni? Certo che c’ho provato, lo so da me che gli aquiloni mettono calma – far volare un aquilone è fantastico. Ma io sono sfortunato, la conoscete la storia dell’albero cannibale vero? L’albero che mangia gli aquiloni.


Non prendetemi per pazzo – non ditemi – ti senti bene Charlie Brown? Io lo so quello che ho visto, proprio un albero che mangia gli aquiloni.

L’albero cannibale non esiste – dite voi – e allora come si spiega questa sfilza di aquiloni che non sono mai tornati a casa? Come me li spiegate quei pomeriggi passati a guardare il cielo e tenere tra le mani metri e metri di spago e alla testa niente? Ho visto cose che voi umani non potete neppure immaginare. E no che non sto calmo, Ciccio.


E lasciate anche perdere i miei amici, quali amici? Lucy, la tenera dolce Lucy van Pelt. Tenera per niente, è una bambina cattiva, voi non potete capire quanto. C’avete presente tutte le schiene rotte perché lei deve divertirsi a togliermi il pallone da sotto i piedi? Vi sembra un comportamento maturo. Linus dice che Lucy ha serie problemi nel creare dei rapporti uomo donna equilibrati e la colpa è da circoscrivere alla relazione mai sbocciata con Beethoven. Non tutti hanno orecchio per la musica classica. Le orecchie di Lucy sono più portate per ascoltare i problemi degli altri e spargere commenti cinici e non richiesti.


Linus è il mio unico amico, ci stiamo le notti intere a guardare le stelle sotto la sua coperta. Linus dice che le stelle sono desideri e le mie sono tutte cadute.


L’amore non è una cosa da adulti, voi non capite nulla.


Dovrei smetterla con la storia della ragazzina con i capelli rossi? Ma smettetela voi, voi siete bravi a innamorarvi ogni volta come se fosse la prima vota a me invece basta lei – bellissima, stupenda, roba da far andare nel pallone chiunque. Non posso avvicinarmi a lei, non la merito, lei è troppo bella, e non è vera la storia di Snoopy che si è fatto coccolare tutto. Lui non me l’avrebbe mai fatto. O forse si?

Piperita Patty? No, noi siamo amici. Mica ci prova con me, non credo, lei è un amico. Volevo dire un’amica. È che non l’ho mai vista come una femmina, non me la immagino mica con la gonna e tutto il resto sotto. Ho già avuto un amico femmina e lo so come finiscono queste storie, finiscono male, finiscono che mi agito come quella volta con Peggy. La Peggy del campeggio, sì, quante ragazzine credete che abbia avuto? Non sono stato capace neppure di presentarmi nel modo giusto. Brownie Charles, ho mischiato nome e cognome. Io le ho scritto, certo, ma non ho mai ricevuto risposta. Con un nome così, Brownie Charles, chissà dove saranno finite le sue lettere. Chissà chi starà leggendo le lettere che erano per me.


Quante parole d’amore che non leggerò mai, m’avrebbero fatto bene all’autostima.


È triste aver una mente da quasi trent’enne rinchiusa in un corpo da bambino con sempre la stessa maglietta addosso.

Dovrei provare a fare qualcosa – prova a lavorare sul tuo aspetto – dite: sempre con queste magliettine gialle con il fulmine – ma non è un fulmine, è una saetta: i dettagli sono importanti. E cosa avete contro i miei maglioni larghe che dentro ci sto comodo? La camicia è troppo seria e io sono legato alle mie abitudini. Se mi guardo allo specchio mi devo riconoscere, mica posso rischiare un attacco di panico perché ci sta un altro che non conosco nella mia stanza.

All’inizio avevo tutta la voglia del mondo, ero simpatico, facevo il simpatico, poi non lo so cosa mi è successo – mi hanno cucito addosso questo suolo del perdente, ma state tranquilli. Io non mi arrendo.

Mi rifiuto di arrendermi anche quando la situazione è irrimediabilmente compromessa. Pazienza se il mio destino è fatto tutto di brutti momenti in cui nulla va come deve andare, oramai c’ho fatto il callo. Qualcuno sa quand’è che questa storia finisce? Che significa che il disegnatore è morto? Striscia – ditelo a qualcun altro. Goodbye, Charlie Brown.



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