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Immagine del redattoreAnna di Cagno

LA MADRE: il paradosso di Filumena Marturano






Che a darle voce e volto sia Titina De Filippo, legittima proprietaria del “brand” (il fratello Eduardo la scrisse, nel 1946, per lei), Pupella Maggio, Mariangela Melato o, nella più bella versione cinematografica di Vittorio De Sica, Sofia Loren, Filumena Marturano è innanzitutto un’icona. Quindi qualcosa che trascende ogni sua incarnazione, perché tocca e coinvolge chiunque le si avvicini. 


Ecco perché dalla sua prima apparizione in teatro fino a oggi è diventata l’icona assoluta della maternità, seconda solo alla Vergine Maria.


Come lei, infatti, anche Filumena è una madre-bambina che concepisce fuori dal matrimonio, diversamente da lei, però, Filumena sa cos’è il peccato. Che non è quella “cosa” che l’ha fatta restare incinta ben tre volte di tre uomini diversi, e non è neanche quella “cosa” che vendeva in una delle tante case chiuse che rimasero aperte fino al 1958. Il peccato che Eduardo ci mostra senza pudore è tradire l’amore, svilirlo, riportarlo a un’origine, una causa che, in quanto tale, lo depotenzia.


Perché l’amore è amore, come «'E figlie so' ffiglie!».


E questa verità tautologica, in cui soggetto e predicato si spiegano a vicenda, ribadisce il primato di ciò che è rispetto a ciò che non è. Non a caso è stata proprio la Madonna a rivelarle questa verità. È lei, nella commedia di Eduardo, a sussurrarle in un vicolo dei quartieri spagnoli «'E figlie so' ffiglie!». Filumena è incinta e non sa cosa fare, le altre ragazze del bordello ci sono già passate e hanno risolto come si faceva allora, rischiando la vita, ma se ti andava bene… Lei invece non vuole “risolvere il problema”, e allora si rivolge all’unica donna di cui si fida.


E la Vergine Maria non le dice: “Svergognata peccatrice!” men che meno “Sposati subito”, le sussurra semplicemente che i figli sono figli.


Che è come dire, l’amore è amore. Da quel momento Filumena decide cosa fare. La sua decisione, però, è molto più ampia, e non si ferma al momento della scoperta di una e poi altre due gravidanze non volute. Il suo sguardo, lo sguardo del commediografo italiano più grande del nostro secondo Novecento, va oltre.


Eduardo era un figlio adulterino, mai riconosciuto dal suo celebre padre Eduardo Scarpetta, ma soprattutto era un poeta, e quindi capace di vedere il futuro prima che accada.


E così nella celebre pièce teatrale non cede all’autobiografismo, ma si spinge fino a un confine che nel 1946 non era neanche ipotizzabile. Donazione eterologa, fecondazione assistita, GPA non erano ancora termini presenti nel nostro vocabolario, neanche in quella lingua incredibile che è il napoletano.


Filumena poi è ignorante, come lo siamo tutti difronte al mistero della vita, anche chi è convinto di sapere come gestirlo e regolamentarlo.


Dall’alto del suo analfabetismo, però, pretende e ottiene dall’uomo della sua vita, Domenico Soriano, un salto culturale di cui forse neanche lei è consapevole, ma che la rende oggi più di ieri una donna di un’attualità sorprendente. Dopo anni di convivenza more uxorio nella quale sarebbe rimasta, se un’altra donna non avesse deciso di incastrare a norma di legge il vanitoso Domenico, si fa sposare con l’inganno (forse è questo il matrimonio, come diceva Tolstoj: il gioco dell’inganno?). E il motivo è presto chiaro: vuole un padre e un cognome per i tre figli che ha allevato a distanza.

Uno solo è di Mimì, e glielo dimostra. Il nome invece no, non glielo concede..


Lui cerca di capirlo da solo, ovviamente non ci riesce, e allora torna a lei in ginocchio. Finalmente sottomesso a una donna che ha maltrattato una vita Domenico Soriano si dice disposto a tutto, a riconoscere i tre ragazzi. In cambio chiede solo la verità. Che è la verità della biologia, la tanto strombazzata voce del sangue che però evidentemente non esiste, altrimenti non avrebbe avuto bisogno di lei per sapere chi dei tre è “figlio a lui”. Filumena, che a quell’uomo ha concesso tutto e alla vita non ha chiesto altro che la sopravvivenza, non cede.


Non è questione di volontà, è che proprio non può. Perché «'E figlie so' ffiglie».

Tutto il resto è solo retorica e mediocrità (quindi politica).


Fonte immagine copertina: www.imdb.com


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